L'Uomo dell'Anno
Il film “L’uomo dell’anno” nel complesso ĆØ riuscito e brillante, attuale anche se in certi passaggi “tecnici” forse un po’ banale.
La storia ĆØ quella di un comico da show serale americano, che si aggiudica le elezioni presidenziali americani grazie a un baco del software di un ipotetico “sistema unico di votazione elettronica”, e deciderĆ di dimettersi ancor prima di insediarsi alla Casa Bianca, perchĆØ contattato dalla programmatrice stessa del software bucato, la quale lo informa del vero risultato elettorale e nel frattempo si innamora di lui.
All’inizio ĆØ un po’ lento, ma la bravura e la brillantezza di Robin Williams risollevano il morale (anche se una sconosciuta vicino a me in sala si ĆØ messa a ronfare sonoramente, e non era l’unica) e le sorti di una trama che stenta a decollare e sembra puntare troppo sulla riflessione di base in merito alla degenerazione del sistema politico in generale.
A me, parallelamente, sono sorti spontanei paragoni con Beppe Grillo, personaggio dallo stesso tenore di interventi ed esternazioni, che però ha sempre rifiutato di scendere in politica nonostante i suoi seguaci (la nicchia dei ~) vedano in lui una persona di cambiare il Paese eliminando l’attuale classe politica, per la quale gran parte della popolazione dice di esserne allergica, ma che alla fine ĆØ l’unica struttura, guardando realisticamente allo stato delle cose, in grado di governare questo Paese in una logica di equilibrio.
Come diceva Lele ieri, “non si può pensare di fare i politici senza fare politica“; ed ĆØ vero.
Il ruolo della satira, della denuncia, della provocazione, ĆØ importante per fare vedere agli elettori cose che probabilmente sarebbero ignorate, ma poi lƬ finisce e non ĆØ nulla, se non ĆØ l’elettore-cittadino stesso a scegliere (e costituire, ovviamente) una classe politica che sia di ricambio a questa che segna il passo.
Voto complessivo sul film: