Ascoltando i modi di dire, i contrasti e i pensieri della gente, in questi mesi in cui il coronavirus, denominato da oms poi covid-19, si assiste bene o male alle stesse involuzioni di frasi e comportamenti un po’ in tutti i Paesi
inizialmente viene bollato come un problema lontano, tutto cinese
poi il contagio arriva “da noi” ed è un problema dei focolai, che diventano zone rosse isolate, per poi passare a una intera nazione bloccata nelle proprie case, ad ascoltare bollettini di ricoverati, intubati, morti
nel mezzo, gli accaparramenti forsennati di generi di prima necessità con supermercati assaliti, qualche sindaco che fa aperitivi in giro, gli amministratori locali che “non mollano”, quelli che “la mascherina non serve” e “faccio quello che voglio”, poi bisogna chiudere tutto, scellerato chi non chiude, e poi ovviamente “riapriamo al più presto per non mettere in ginocchio l’economia”
un carnevale di isteria collettiva (che sostituisce il carnevale vero, abolito per pandemia), e di politicanti che si accusano reciprocamente per attirare l’attenzione
i cittadini – mediamente diligenti – stanno a casa, anche se insomma, le regole valgono per tutti ma le deroghe se l’autoinventano… tipo andare nella seconda casa appena prima dei controlli annunciati o sconfinare in altri comuni per motivi non proprio lavorativi o indispensabili